The case
Una coppia non coniugata ha attraversato un periodo alquanto doloroso. La donna aveva subito, infatti, un’operazione chirurgica all’apparato genitale (isteroannessiectomia). Gli esiti del malriuscito intervento avevano, poi, prodotto una riduzione, per oltre un anno, dell’attività sessuale tra i due. La donna ha ottenuto il ristoro dei danni patiti promuovendo apposita azione giudiziaria.
Il peso della sofferenza che ha inciso sulla serenità della coppia, ha indotto anche il partner ad agire giudizialmente: ha chiesto, infatti, ai giudici il risarcimento del danno al libero esercizio della propria sessualità.
Con sentenza del 23.01.2014, il Tribunale di Verona, III sez. civ., ha accolto la domanda e dichiarato il diritto del convivente al ristoro dei danni per la limitazione dell’attività sessuale derivata dalle lesioni all’apparato genitale, subite dalla propria compagna.
According to the Lawyer Sexologist
La sentenza del Tribunale scaligero offre più spunti di riflessione.
Non pare il caso di indugiare sull’aspetto relativo all’equiparazione, in materia, tra coppie sposate e coppie di fatto, essendo acclarato per il nostro diritto, già prima della legge sulle unioni civili, che “la violazione dei diritti fondamentali della persona è, configurabile, anche all’interno di una convivenza che abbia caratteristiche di serietà e stabilità” (Cass. sent. n. 4184 del 2012).
Interessantissimo appare, invece, un altro aspetto.
Si legge nella sentenza che la sessualità “costituisce indispensabile complemento e piena manifestazione del legame affettivo che esiste” in una coppia e che “nella normalità dei casi la significativa riduzione di essa determina un generale peggioramento della vita di coppia e, nei casi più gravi, può anche provocare la rottura del rapporto”.
Il Tribunale di Verona, da qui, ha applicato una piacevole inversione di prospettiva e ha riconosciuto il risarcimento dei danni non sul presupposto del “diritto-dovere” reciproco agli atti e rapporti sessuali dei componenti la coppia, ma sulla base del diritto assoluto alla libertà sessuale che appartiene all’individuo, diritto nella fattispecie leso dall’incauto intervento medico subito dalla propria compagna.
Il che significa, finalmente, sdoganare la sessualità dall’ambito della pretesa e del dovere nella coppia, e affermarne, invece, l’appartenenza esclusiva all’individuo come diritto che va tutelato. Oggetto di tutela è, in poche parole, il diritto di esercitare liberamente la propria sessualità (cosa, è ovvio, che richiede la libertà del consenso del partner) non il dovere di compiere atti sessuali o la pretesa di riceverli: concetti che portano alle nefaste conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
Ci piace, in altre parole, pensare che questo ragionamento sia uno di quei veri passi in avanti che aiutino concretamente nel percorso del benessere sessuale e di prevenzione in tema di violenza sessuale, stalking e questioni affini. Agganciare il “sesso” al concetto di “prestazione” o “dovere” di un partner nei confronti dell’altro è ancorarlo al concetto di possesso e potere più di quanto non si pensi.
Da meditare bene: psicologia, medicina e diritto.
La sessuologia è un triangolo.