The case
Un marito intentava giudizio di separazione chiedendone l’addebito alla moglie, accusandola di coltivare un legame con altro uomo. La Corte di Cassazione ha escluso l’addebito, non risultando prove di incontri personali tra i due, né, tantomeno, rapporti sessuali. Il legame si era concretizzato attraverso telefonate o contatti via web e la donna non aveva assunto comportamenti “traducibili o tradottisi in contegni offensivi per la dignità e l’onore” del marito. “La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione, ai sensi dell’art. 151 cod. civ., non solo quando si sostanzi in un adulterio, ma anche quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”.
(Corte di Cassazione n. 8929 del 12.04.2013)
According to the Lawyer Sexologist
La decisione della Suprema Corte statuisce che può dichiararsi l’addebito della separazione o in caso di conclamato adulterio ovvero, semplicemente, se il comportamento di un coniuge ingeneri un sospetto d’infedeltà che, considerato l’ambiente in cui i due vivono, offenda la dignità e l’onore dell’altro coniuge. Se nel condominio, ad esempio, i vicini spettegolano sul comportamento “disinvolto” di una moglie (senza che vi sia prova del tradimento), il marito che si senta offeso dalle chiacchiere ben può chiedere l’addebito della separazione.
Addebito negato nel caso in questione, perché i giudici hanno ritenuto che lo scambio “extraconiugale”, né aveva assunto i connotati di una relazione sentimentale adulterina né quelli di una relazione “offensiva” nei confronti del marito. Il legame intercorso tra la donna e il “terzo” si era rivelato, infatti, platonico e si era concretato prevalentemente in contatti telefonici o via internet. Un comportamento, come dire?, alquanto “riservato” e non visibile che non aveva certo potuto offrire ai vicini (o ai colleghi di lavoro o ai parrocchiani o a quant’altri) la possibilità di sospettare dell’infedeltà.
Niente sospetto, niente offesa del marito. E quindi niente addebito.
Non si vuole certo aprire in questa sede una diatriba sull’importanza della reputazione e della stima sociale e sulle possibili offese. Ciò su cui converrebbe un attimo soffermarsi riguarda solo il concetto di offesa dell’onore relativamente all’ambiente.
La domanda che si pone spontanea è:
– qual è la ragione che spieghi la deminutio sociale di un uomo la cui moglie assuma un comportamento fedifrago reale o addirittura presunto? Se l’onore consiste nell’insieme delle doti morali dell’individuo e nel riconoscimento sociale delle stesse, perché mai il rispetto del proprio patrimonio morale dovrebbe diminuire per il comportamento (sessuale, reale o presunto) del proprio coniuge?
Perché continuare ad ancorare il concetto di onore (inteso come reputazione sociale) alle relazioni affettive e sessuali?
Perché nelle relazioni di coppia, lo stigma sociale colpisce la vittima e non il fedifrago, come accade in qualsiasi altra situazione (lavorativa, amicale, parentale ecc. in cui lo Iago di turno è l’escluso, il punito socialmente)? Forse non sarebbe tempo di uscire dagli stigmi stereotipati che accompagnano le donne abbandonate o i mariti traditi?
Basti pensare agli epiteti di sapore bovino che accompagnano queste sfortunate situazioni e che aggiungono alla ferita del tradimento o dell’abbandono, la derisione sociale.
Un residuo o, peggio, un esito di quel famigerato delitto di pari nome abrogato ma, ahinoi, non ancora del tutto sopito.
Questo stigma sociale rievoca un concetto di onore che ci piacerebbe, invece, pensare datato e dimenticato. Abrogato insieme a quel delitto (d’onore per l’appunto) che legava la sessualità alla moralità e che proprio sul presupposto di quest’offesa all’onore giustificava crimini inaccettabili.
Un residuo sopravvissuto di antichi e stereotipati schemi sociali, e mentali, purtroppo molto pericolosi.
Basti pensare all’acredine legata, oltre all’offesa intima e personale, all’offesa e rivalsa “sociali” che il coniuge colpito nell’onore riversa nelle separazioni con strascichi e aspetti di natura penalistica che tutti ben conosciamo.
Ma c’è ancor di più.
Da un sondaggio eseguito in alcune classi di scuole superiori di una città del sud, è emerso che l’80% circa degli intervistati (maschi e femmine) ritengono la fedeltà e la correttezza dei comportamenti prerogativa e dovere delle ragazze. Nonostante la conclamata disinvoltura, anche sessuale, e la sbandierata apertura mentale, continua a permanere nella generazione 2.0 la convinzione del plusvalore dell’uomo che voli di fiore in fiore e il disvalore della donna (la propria, naturalmente) che non assuma comportamenti fedeli e riservati.
I commenti denigratori sul sexting o sulle procaci e provocanti giovincelle risuonano come condanne morali senza appello nei confronti delle ragazze.. Ma allo stesso tempo i ragazzi cedono volentieri alle provocazioni e nessuno scrupolo avvertono nei confronti delle ignare fidanzatine sulle quali nessuno deve poter osare dir nulla, perché tutte “casa e scuola”.
Sollecitati a fornire spiegazioni, i ragazzi hanno affermato che, sebbene illogica, tale convinzione è sorretta e rinforzata dall’idea che la ragazza più libera viene socialmente cioè nel proprio ambiente considerata di facili costumi (per usare termini eufemistici), mentre il ragazzo che si gode la propria adolescenza, viene socialmente apprezzato.
È “questa” la differenza tra maschi e femmine.
Che sarebbe come dire che la dignità e l’onore della donna non vengono offesi se il proprio partner rivolge attenzioni altrove, al contrario di quello che accade per l’uomo nell’ipotesi inversa. Perché mai? Perché così vuole l’ambiente in cui vivono.
E anche, come appare, con la benedizione della Cassazione.
Uguaglianza? Pari opportunità? Stereotipi? Violenza di genere? Evoluzione sessuale?
Generazione 2.0: ambiente reale batte virtuale 1 a 0.
Che sarebbe anche una bella vittoria, se non si trattasse di stereotipi alquanto pericolosi.