Tempo, sessualità, legge.

Tempo, sessualità, legge.

Parlare di “Tempo, Sessualità, Legge” significa affrontare nella loro evoluzione temi come l’aborto, l’adulterio, la contraccezione, il divorzio, il matrimonio, i rapporti sessuali prematrimoniali, i rapporti sessuali nel matrimonio, i rapporti extramatrimoniali, l’omosessualità, il genere, la pornografia, la prostituzione ecc.

Per definire, così, in limiti precisi l’argomento, al bene in senso stretto tutelato dalla legge, vale a dire la sessualità come diritto della persona, ritengo opportuno, se non necessario, partire dalla Costituzione, che è la nostra legge fondante dalla sua entrata in vigore (1 gennaio1948).

Una piccola premessa.

Affermo sin dagli inizi della mia professione, ribadendolo spesso soprattutto quando parlo di sessualità nei miei corsi, relazioni e lezioni, che la legge non è un insieme arido di comandi, divieti e doveri.

La legge è tutela dell’individuo, come singolo e come parte di una collettività, tutela di un bene, cioè di un interesse riconosciuto dalla legge e, come tale, oggetto di protezione contro chiunque voglia lederlo. Ed è in questa ottica che dobbiamo leggere ogni norma.

Tempo, sessualità, legge: il tempo della legge e la legge del tempo.

Una legge entra in vigore e ha efficacia sino a quando non è abrogata o dichiarata incostituzionale.

Il diritto cambia, e guai se non accadesse, in relazione ai bisogni della collettività. Come? Con l’introduzione di nuove norme ovvero con l’interpretazione della legge da parte dei giudici nelle sentenze.

Cosa vuol dire Interpretare la legge? Comprenderne la ratio, il senso, il fine, per applicarla e adattarla ai casi concreti e , in questo modo, man mano, anche ai bisogni che mutano.

E, quindi, è l’interpretazione che può dilatare gli effetti della legge nel tempo oppure può cristallizzarli, relegandone la portata alla data della sua entrata in vigore.

 Diritto alla Sessualità

La sessualità, costituendo uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, è ricompresa tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione Italiana all’art. 2.

Il diritto alla sessualità, dunque, è tutelato come diritto assoluto ed inviolabile.

Es.: ai sensi dei principi costituzionali, il sadismo o il masochismo, oggi, possono atteggiarsi (entro certi limiti) come scelte libere di autodeterminazione nell’ambito della sessualità.

L’articolo 3 della Costituzione sancisce la libertà di esplicazione della propria personalità in base al principio di uguaglianza cioè senza alcuna distinzione tra i cittadini, neanche di sesso.

La rilevanza giuridica del sesso è altresì legata alla riproduzione e, perciò, sottostante all’art. 29 Cost. che regola i rapporti fra i cittadini che intendono creare e mantenere un nucleo familiare (sessualità riproduttiva, jus sanguinis).

Alla luce di tutto ciò, come lo scorrere del tempo ha influito sulla legge italiana in tema di sessualità?

Naturalmente daremo piccoli cenni sui temi di più comune dibattito.

Non può non partirsi, purtroppo, dal penoso e sempre drammaticamente attuale tema della violenza sessuale.

Nel famoso processo per stupro trasmesso nel 1979 dalla Rai, l’avv. Lagostena Bassi, che difendeva la vittima, aveva dichiarato: “Ricordo che la gente era sconvolta, perché nessuno immaginava realmente quello che avveniva in un’aula giudiziaria, dove la giustizia era altrettanto violenta degli stupratori nei confronti delle donne.

Gli avvocati difensori al processo inquisirono sui dettagli della violenza e sulla vita privata della parte lesa, finendo per trasformarla in imputato: l’atteggiamento mentale che emergeva in aula era che una donna “di buoni costumi” non poteva essere violentata; che se c’era stata una violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna; che se non c’era una dimostrazione di avvenuta violenza fisica o di ribellione, la vittima doveva essere consenziente”.

Nel 1996, con un provvedimento approvato in maniera trasversale da tutte le parti politiche, la normativa è finalmente cambiata: art.609 bis c.p.”Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (successivamente modificato con “da sei a dodici anni)*.

Prima di tale modifica, avvenuta con la L. 15 febbraio 1996, n.66, nel nostro ordinamento giuridico sussistevano due reati: la violenza carnale (stupro) e gli atti di libidine violenta.

Non erano reati contro la persona, ma contro la moralità pubblica e il buon costume (ordine etico-giuridico per la sicurezza, libertà, moralità dei rapporti sessuali).

La nuova normativa ha disciplinato un solo reato, quello di violenza sessuale in cui sono confluite le due fattispecie  precedenti (violenza carnale e atti di libidine violenta). La confluenza è stata realizzata attraverso la nozione di “atto sessuale” e il reato di violenza sessuale è stato, finalmente, disciplinato come reato contro la persona.

Nei processi di violenza sessuale ora non sono più ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della vittima, a meno che non siano necessarie alla ricostruzione del fatto.

Ma qual è l’atto sessuale che può dar luogo al reato di violenza sessuale? E’ atto sessuale qualsiasi intrusione corporale subita dalla vittima non consenziente.

La giurisprudenza nel tempo ha fornito varie interpretazioni:

Febbraio 1999:  ”Impossibile commettere violenza carnale su una ragazza che indossa i jeans stretti”. Così la Cassazione, aveva assolto l’istruttore di una scuola guida condannato per stupro in primo e in secondo grado. Nel luglio del 2008, la Cassazione mutò definitivamente orientamento statuendo che non possono essere considerati d’ostacolo ad una violenza sessuale i pantaloni stretti ed aderenti: è sufficiente un qualsiasi contatto, anche senza penetrazione, non voluto da chi lo subisce per realizzare la fattispecie di reato. 

Nell’aprile 1994, la Cassazione aveva affermato che è “arduo ipotizzare” una violenza sessuale fra coniugi in caso di coito orale in quanto la donna “avrebbe potuto in ogni caso facilmente reagire e sottrarsi al compimento dell’atto da lei non voluto”.

Dopo la modifica del 1996, la Cassazione ha riconosciuto che “può sussistere violenza sessuale, anche nel caso in cui la moglie rifiuti silenziosamente il rapporto sessuale” e vi partecipa per evitare scenate o altre conseguenze.

E’ costante la giurisprudenza nel ritenere che anche un bacio sulle labbra se non voluto, configuri il reato di violenza sessuale. Non si può fare distinzione ai fini penali in base alla “profondità” del bacio, per escludere la natura sessuale ai baci caratterizzati soltanto dal contatto delle labbra, e riservare la nozione di atto sessuale  ai baci che arrivano al contatto delle lingue.(Il bacio rubato: seduzione o violenza?)

Nel novembre 2005, in un processo riguardante, tra l’altro, due uomini, la Cassazione sentenzia che la “palpatina”  configura il reato di violenza sessuale se chi la riceve non è consenziente.

Tempo, sessualità, legge: quando?

La legge stabilisce che l’atto sessuale è lecito quando c’è il consenso di entrambi i partner.

Per poter compiere e ricevere atti sessuali esiste un’età: l’età del consenso in Italia è 14 anni (fatti salvi alcuni casi particolari).

La condanna per violenza sessuale non scatta soltanto se il partner ha detto no al rapporto sin dall’inizio, ma anche se il rifiuto arriva durante il rapporto stesso perché “il consenso agli atti sessuali deve permanere per tutta la durata del rapporto senza soluzione di continuità“.

Nel 1961, il film “DIVORZIO ALL’ITALIANA” di Pietro Germi offre uno spaccato della società italiana e della cultura relativa al cosiddetto delitto d’onore, articolo del codice penale abrogato solo nel 1981. Per la Cassazione nel 2007: “la cd. causa d’onore non può assurgere al rango di circostanza attenuante generale, in quanto espressione di una concezione angusta e arcaica del rapporto di coniugio, apertamente confliggente con valori ormai acquisiti nella società civile”.

Nel 1981 è stato abolito anche il “matrimonio riparatore”, istituto attraverso il quale si estingueva il reato di violenza carnale (stupro) con il matrimonio tra vittima e stupratore, salvando, così, l’onore della famiglia.

Mauro Bolognini, nel 1959, con “Arrangiatevi!”, un titolo che dice …tanto, invece ci disegna l’Italia all’indomani dell’approvazione della legge Merlin che nel febbraio del 1958 aveva vietato l’esercizio di case di prostituzione .

Adulterio: la Corte Costituzionale tra il 1968-69 dichiara l’incostituzionalità degli artt. 559 e 560 c.p., che prevedevano come reato l’adulterio e il concubinato.

Oggi non si parla più di adulterio, ma di infedeltà quale rottura di un patto e non più di un crimine.

L’infedeltà nel matrimonio, tra l’altro non più indissolubile, non è sempre causa di addebito della separazione.

 L’ art. 29 della Costituzione italiana stabilisce

  “Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

Ma, nonostante ciò, bisognerà attendere la riforma del diritto di famiglia del maggio 1975, per vedere sancita, in ossequio al dettato costituzionale, l’uguaglianza tra i coniugi che con il matrimonio, assumono gli stessi doveri e diritti.

L’art. 29 Cost. stabilisce altresì: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.” 19 Aprile 2010: la decisione della Corte Costituzionale sul  “no” ai matrimoni tra coppie omosessuali accende un grande dibattito. La Consulta statuisce che “ai tempi in cui è stata scritta la Costituzione, il matrimonio è stato codificato come legame tra uomo e donna”, rimandando al legislatore la questione per pronunciarsi sui cambiamenti in atto (solo nel 2016 sarà approvata la legge sulle unioni civili delle coppie dello stesso sesso)*.

Sopraffazioni e soprusi in ambito familiare: la Corte di Cassazione, in tema di maltrattamenti in famiglia, nel 2009 ha statuito che una coppia di conviventi va considerata come una famiglia se vi è una certa “stabilità” del rapporto.

Ma nel 2010 afferma che “le vessazioni e le percosse del marito non consistono in maltrattamenti penalmente rilevanti se la donna ha un carattere forte e non sia intimorita dalla condotta dell’uomo”: sentenza che apre, ancora oggi, a più di un motivo di riflessione.

Atti persecutori (stalking): nel febbraio 2009 è stato introdotto questa nuova fattispecie di reato per disciplinare numerose situazioni di particolare gravità e prive di tutela.

Tempo, sessualità, legge: conclusioni.

Una piccola apertura, in conclusione, vorrei introdurre.

Nel film “I giorni dell’abbandono”, Roberto Faenza (2005) fa dire a uno dei suo protagonisti:

“Nella musica il metronomo segna il tempo, insieme al controtempo, che non si vede e in mezzo c’è il senso delle cose”.

Ogni relazione ha il suo tempo e il suo contrattempo. Le sue note forti e le sue note deboli, accenti gravi e accenti deboli. I suoi tempi e i suoi contrattempi: tempo insieme e tempo diviso.

Occorrerebbe un metronomo di coppia per stare nel tempo giusto, segnare il ritmo tra il battere e il levare per riuscire a non usare il tempo contro l’altro e contro se stessi.

Da qui, per me, il concetto-chiave che deve guidare l’attività degli operatori del settore: sapere analizzare  e conoscere i bisogni  dal punto di vista giuridico-sociale, ma anche saper essere il metronomo delle persone e delle coppie cui dobbiamo dare aiuto.

Mara Romandini
Lawyer sexologist

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