Sexting, bullismo, cyberbullismo: le colpe dei genitori che pagano per i figli.

The case
Una ragazzina, seguendo la moda del sexting, si ritrae in pose osé. Ma quelle foto girano di telefonino in telefonino perché chi le aveva ricevute decide di condividerle, senza poter immaginare di far emergere, così, le colpe dei genitori. A seguito delle indagini, con un ragionamento che origina non poche domande (Sexting e pedopornografia: quando il diritto si autodistrugge), i ragazzi autori della condivisione vengono prosciolti dal giudice penale. Sorte diversa tocca con il giudice civile, cui la minorenne si rivolge per ottenere il risarcimento dei danni che vengono, con la sentenza, riconosciuti e quantificati in oltre 100.000 euro. Somme che dovranno sborsare i genitori degli undici ragazzi, ai sensi dell’art. 2048 c.c., per non aver assolto i compiti educativi e di controllo.
Nessun risarcimento è stato, invece, riconosciuto ai genitori della minorenne, perché anche loro, come i genitori degli undici ragazzi, non sono stati capaci di mettere in guardia la figlia dai rischi di simili comportamenti.

According to the Lawyer Sexologist

Le colpe dei padri ricadono sui figli, diceva un vecchio brocardo. Considerata l’evoluzione della bigenitorialità, oggi dovremmo dire colpe dei genitori. E, aggiungere, colpe dei genitori con effetto boomerang.
Quali le colpe che ricadono sui figli? In questo caso, l’assenza di capacità educative, vale a dire non solo far passare messaggi educativi, ma anche effettuare controllo dei comportamenti e verifica dell’apprendimento sino alla maggiore età.
Incapaci i genitori dei ragazzi che hanno condiviso le foto. Come incapaci sono stati ritenuti i genitori della ragazzina ai quali è stato negato il risarcimento del danno per non aver vigilato sul suo comportamento.
E’ questa la soluzione a tutti i mali dell’adolescenza di oggi? Probabilmente no, ma è il necessario punto di partenza.
Genitori “latitanti” dal punto di vista pedagogico, che confondono l’amore con le capacità genitoriali quasi che dire no o porre limiti ai figli significhi non amarli o, forse, non essere riamati. Genitori aprioristicamente schierati contro altre figure educative, come quelle degli insegnanti, tanto da agire e reagire in maniera spropositata e, a volte, drammaticamente violenta nei loro confronti. Genitori che vengono meno ai compiti normativi (del diritto, della pedagogia e del buon senso) relativi all’aver figli: dare loro educazione ed istruzione.
Genitori che si oppongono all’educazione sessuale a scuola, lasciando i figli nei dubbi e nel dramma dell’orientamento sessuale, delle malattie sessuali, delle gravidanze indesiderate e dell’aborto. Genitori che pensano che educare al benessere e alla salute sessuale sia incitare a “fare sesso” piuttosto che farne comprendere il piacere sì, il diritto anche, ma, soprattutto, la tutela, la cura, la responsabilizzazione, la presa di coscienza sulle conseguenze dei comportamenti.
Genitori che non si rendono conto che il bullismo, il cyberbullismo, le violenze di ogni tipo, le relazioni tra pari albergano proprio in quei “no” non detti, in quell’astensione, in quel chiudere gli occhi, in quei maldestri tentativi di amore da dare e da richiedere, senza capire che l’amore di cui hanno bisogno i figli è essere preparati alla vita. È questo amore che vogliono i ragazzi per non diventare bulli, né vittime, per non usare sostanze né alcol. Per non trovarsi in gravidanze da cui si sottrarranno andando dal giudice tutelare per abortire, nel migliore dei casi, con accanto un’assistente sociale dalle buone intenzioni.
È questo l’essere genitori: e se non si è questo, queste colpe non sono dei figli minori. Queste sono le colpe dei genitori.Che ricadono sì sui figli, ma con un sottovalutato effetto boomerang. Non tanto perché lo sentenziano i giudici. Perché è quello che tentano disperatamente di dire con questi comportamenti, proprio i figli.

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